giovedì 3 gennaio 2008

Per te che hai fretta...

Ritorno al lavoro, ritorno alle abitudini. Ritorno a notare le piccole incongruenze. E’ mattina, fa freddo, cammino verso la stazione. La strada è deserta. Mi sento urtare il gomito ma non posso spostarmi, c’è il muro subito alla mia destra. Mi supera un tizio. Dopo pochi passi inizia a correre. Penso di essere in tempo per il mio treno e me ne rallegro. Cammino con passo neppure tanto spedito. Arrivo in stazione, imbocco il sottopassaggio e mi sento urtare il gomito. Lo stesso giubbotto di prima, la stessa persona. Arrivo alla banchina del treno. Siamo in pochissimi. Lo stesso tizio di prima sta correndo sul marciapiede. Penso che stia cercando qualcuno e che abbia fretta, magari, di incontrarla. Non so perché ma suppongo sia una donna. Arriva il treno. Una folata di aria gelida e uno stridio. Le porte si aprono e le poche persone che erano ad attenderlo salgono composte prendendo agevolmente posto. Appoggio il piede sul primo dei due gradini. Mi sento urtare il gomito e, ancora, quel tizio mi passa davanti. Mi sento al centro di uno scherzo, prima di prendere posto controllo la chiusura della mia tracolla e appoggio una mano sul portafoglio. Non si sa mai. Mi accomodo e, magia, me lo trovo davanti. Lo guardo in faccia, fa finta di dormire, tiene gli occhi chiusi. Confesso che mi nasce dal cuore il desiderio di fargli una domanda. La domanda che chiunque farebbe, quella che, neppure a dirlo, nasce spontanea.
«Ma che cazzo hai da correre?» Semplice e senza perifrasi. Tutta questa fretta per arrivare allo stesso treno che io ho preso camminando tranquillo, e facendo tutto con comodo. «Ma che cazzo hai da correre?» Quanti ne hai travolti oltre a me? Mi piacerebbe sapere dove devi andare. «Ma che cazzo hai da correre?».
Una, due, tre fermate. Mi alzo mi dirigo verso l’uscita più vicina. Mi avvicino alla porta, vedo la banchina di fronte a me. Dopo un istante un fruscio, nasce improvvisa l’intuizione di fare un passettino a lato. Non ci penso due volte, mi sposto leggermente verso la mia destra. Mi sento urtare il gomito e reincontro l’amico che mi accompagna dall’alba. Lo sento urtarmi il gomito e lo guardo sfracellarsi contro il palo che sta all’accesso alla carrozza. Attende contrariato il suo turno e scendiamo dal treno. Lo rivedo per l’ultima volta nel sottopasso della stazione quando mi sorpassa senza dimenticare di urtarmi il gomito. (a.al.)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Belli il post e l'immagine. Anche la vita da pendolare è ricca di incongruenze che ci suscitano un "boh!" sottovoce, come l'episodio di cui parli tu e che ho riscontrato ricorrentemente in tanti anni.
Leggo il tuo blog di molte riflessioni e tante foto da un po', arrivata a te attraverso quelli di Francesco e Beatrice.
Buoni viaggi
Maria

Unknown ha detto...

aaaarrrgggghhhh...maria, dopo aver chiesto autografi alla Regina, hai svelato i nostri nomi di battesimo............sacrilegiooooo...

Anonimo ha detto...

Perdono MoF, perdono, stai sereno!
Maria

Unknown ha detto...

...comunque...quel tipo lì che ti prendeva a gomitate secondo me voleva solo attirare la tua attenzione...ma era un maschietto o una femminuccia?

MoF

... ha detto...

Non credo Fra, sembrava perso nei suoi pensieri e fondamentalmente incosapevole di essere ormai imbecille...
Dammi tue notizie, scrivimi, il tuo blog è troppo artefatto per evincerne...
Sono volutamnte polemico!!!
Un abbraccio

Unknown ha detto...

...:-D

MoF

p.s. niente da raccontare...vivo...tasso emozionale uguale a 0...sto imparando a sapere sempre come va a finire...;-)

Eliduin ha detto...

Ale, sei stato nominato!!!
:D